I fiori blu - recensioni

I fiori blu - 2023
CINA E USA, LA GUERRA TECNOLOGICA E IL DOMINIO DEL XXI SECOLO di Alessandro Aresu - Mario Bocola

«Siamo in guerra, anche se in pochi lo sanno. È una guerra che si combatte tra Washington e Pechino eppure riguarda ciascuno di noi». Tuttavia non è una guerra che si sta combattendo con le armi e le bombe come tra Russia e Ucraina, ma è una guerra tecnologica che si fa a colpi di milioni di dollari. Il libro di Alessandro Aresu getta una luce su questo conflitto tecnologico tra Usa e Cina, due potenze che si contendono i destini del mondo e che lo governeranno negli anni futuri. Ormai l’avvenire è nelle mani di questi due Stati e la protagonista assoluta di questa “guerra” è l’economia globale che muove i destini del Pianeta. Ormai il digitale – sostiene Aresu nel volume Il dominio del XXI secolo. Cina e Stati Uniti e la guerra invisibile sulla tecnologia, Milano Feltrinelli, 2022 – pervade ogni settore industriale dalla comunicazione all’energia, ma c’ anche un altro elemento nella guerra invisibile ed è quella della transizione ecologica dove le due superpotenze si contendono il primato mondiale. Ecco, dunque, cosa ha generato la globalizzazione, ossia un’ascesa di supply clains su scala mondiale, che crea legami tra fornitori e clienti e ingrossa i guadagni delle aziende americane e cinesi. E poi vi sono i microchip e noi utenti non sappiamo di avere nel nostro corpo, ma ci sono perché l’ordine mondiale deve essere costantemente controllato. La storia della competizione per la supremazia tecnologica, finalizzata alla supremazia geopolitica, si declina su numerosi piani. È una storia complessa, in cui la sicurezza di Stati grandi come continenti si intreccia alle opportunità commerciali di aziende e alla speranza di progresso economico di milioni di individui. È una storia che nell’ultimo decennio si è imposta come questione primaria per gli equilibri politici globali e le potenziali conseguenze militari. Il dominio del XXI secolo di Alessandro Aresu struttura un’analisi che unisce tutti gli elementi sopra menzionati e offre una chiave interpretativa di dinamiche che condizioneranno ancora a lungo gli affari globali. La tecnologia si conferma eterna e decisiva componente della tragedia della politica internazionale e dei conflitti, e Aresu lo ricorda con chiarezza: «la guerra economica serve a limitare la capacità degli avversari e a proteggere il potere militare». Nella competizione tecnologica diversi materiali hanno un ruolo di primo piano, tra cui grafite, manganese, nichel, rame. In particolare, non si può sottovalutare il ruolo del cobalto, in termini tecnologici e geopolitici. Da non dimenticare però che il conflitto delineato da Aresu non è tra macchine, gli strumenti della competizione, ma tra i grandi 

manager del comparto tech.  Il conflitto per i semiconduttori è oggi nella sua seconda fase. Infatti, la cosiddetta “prima guerra dei semiconduttori” aveva contrapposto Giappone e Stati Uniti negli anni Ottanta e Novanta, concludendosi con l’instaurazione di un regime di “managed trade” tra i due alleati: una guerra commerciale en forme, governata da considerazioni politiche, per evitare che diventasse totale. L’arsenale normativo statunitense per la protezione dell’economia nazionale, consolidatosi nel secondo dopoguerra, fu fondamentale come lo è oggi, nella seconda “guerra dei semiconduttori” con la Cina. Il conflitto descritto da Aresu, così complesso e plurale nel coro di interessi e soggetti che vi prendono parte, comprende sfide politiche, imprenditoriali, politiche e identitarie. Tuttavia, nonostante le volontà delle alte sfere politiche, i limiti e le necessità tecnologiche persistono. Inoltre, stare sulla frontiera tecnologica ed essere in grado di farla avanzare è un obiettivo arduo anche per le maggiori economie mondiali che, infatti, hanno recentemente dedicato alla ricerca in settori specifici somme senza precedenti. Un altro fronte della guerra tecnologica che viene trattato in profondità dall’autore, con numerosi dati e particolari, è l’industria delle batterie, che sta diventando il driver principale della domanda di mercato di alcune materie prime critiche come litio, nickel e cobalto, su cui la presa cinese è strategica, detenendo il 92% della capacità globale di catodi e il 91% di quella di anodi. Il primato cinese si concretizza anche nel controllo del 60% delle attività di processi mondiali. L’autore, in questa analisi acuta e puntuale, ripercorre con attenzione la storia di questa capacità industriale, ricordando le origini dalla casa Zeiss, che produceva dal XIX secolo strumenti ottici per gli utilizzi più disparati. Tra il 24 e il 25 giugno 1945, l’esercito degli Stati Uniti evacuò i principali scienziati e dirigenti dell’azienda, secondo la politica di reclutamento e attrazione di primarie figure scientifiche, che saranno fondamentali per gli Stati Uniti nella competizione della Guerra fredda. Il messaggio è chiaro: l’Europa, attraverso vecchie creature ottocentesche, è ancora in grado di dominare il XXI secolo. In questa guerra tecnologica in atto chi conquisterà l’egemonia del XXI secolo tra Usa e Cina. Lasciamo un po’ di suspence perché la domanda è forte. 

Il libro di Alessandro Aresu è tra i volumi candidati al Premio “I Fiori blu” edizione 2023.

Le stanze del tempo - Piera Ventre

Piera Ventre accompagna il lettore in un viaggio dentro la casa fatta di stanze, che rappresentano il varco di accesso dei diversi mondi domestici. Le stanze sono il fulcro della vita che si svolge dentro le mura della casa. Parlare delle stanze significa entrare nei luoghi privati, segreti e nascosti della casa, dove ci sono le finestre che aprono al mondo, all’aria, perché dentro ogni stanza vive il mondo di ciascuno di noi. La stanza diviene così il luogo della riservatezza, del proprio mondo interiore che, attraverso le finestre, ci apre al mondo esterno. Quanto tempo trascorriamo dentro le stanze domestiche nelle ore della giornata, liberi dagli impegni di lavoro? Molto tempo che vola via, che trascorre velocemente e accarezza i nostri pensieri. Le stanze di Piera Ventre si identificano con noi stessi, rappresentano il nostro passato e ci proiettano nella dimensione del futuro. Nel romanzo di Piera Ventre Le stanze del tempo, edito da Neri Pozza la casa è un contenitore di storie in successione, in quanto essa non costituisce certo uno sfondo ma diviene essa stessa personaggio, perché pulsa di vita vera, strettamente correlata a chi in quel momento la abita: “A me una casa è sempre parsa un corpo, una sorta di estensione di noi stessi e, al contempo, un’espansione”. La casa conserva e custodisce in sé la vita nello spazio del tempo che trascorre inesorabile. Quello di Piera Ventre è il “romanzo delle case e delle stanze”, in cui si dipana la vita di una persona. A prima vista una serie di racconti, in realtà un corpo unico cui conferisce solidità la voce narrante, impegnata in una sorta di ricognizione generale delle case con cui ha avuto a che fare: quelle dove ha abitato, quelle dove è stata ospitata, quelle dove vivono amici o vicini. Solo che questa ricognizione avviene in ordine sparso, perché così affiorano i ricordi alla memoria. E la vita di una casa e delle sue stanze si basa proprio sulla memoria con le ristrutturazioni ne comportano la cancellazione, la vita umana conosce un analogo, violento strappo: quello dell’età adulta. L’infanzia appare ancora il luogo dell’ingenuità, della disponibilità al gioco. Poi, implacabile, subentra il disincanto. Agli anziani il destino può qualche volta riservare il recupero dell’entusiasmo e del magico, come nel caso del personaggio di Eudora. La casa è lo spazio del perturbante, fatto di misteri, di fantasmi, di sogni e di accadimenti anomali ma nel romanzo di Piera Ventre è soprattutto il luogo delle abitudini, dei piccoli gesti che accompagnano il quotidiano – rigovernare la cucina, ad esempio – che forse davvero raccontano il senso di una vita e tradiscono segreti, proprio come fanno gli oggetti che si usano da sempre, che sono un po’ scassati ma non si buttano mai. È su di loro che si depositano i segni del tempo, in base al principio per cui la pentola fessa dura di più. La protagonista si confronta poi con due movimenti di pari forza ma opposti che convergono sulle case: da una parte ci sono la standardizzazione, la modernità, che già si sono accaparrate città e paesi, ormai lontani da ciò che erano e mai nominati, forse per universalizzare il discorso; dall’altro ci sono gli elementi naturali, la cui presenza stride nella casa in quanto costruzione artificiale – si pensi alla porzione di testo in cui la protagonista riflette sulla terra caduta dal vaso di una pianta. Poi ci sono gli animali perché uno spazio a sé meritano i gatti, che hanno con la casa un rapporto tutto loro, se leggiamo il capitolo “Cicale”, oppure “Cespuglio di rose”, dove un gesto verso un gatto è rivelatore di una incompatibilità. La scrittura di Piera Ventre è fluida, rivela un mondo emozionale ed introspettivo in cui ciascuno di noi ritrova la propria identità, identificandosi nelle stanze di una casa come entrate e uscite dentro lo scorrere inesorabile del tempo che non si ferma mai.

Mario Bocola

I fiori blu - 2022
Lo spazio delle donne - Daniela Brogi

Un libro sulla condizione delle donne nella storia e nella società che per secoli hanno svolto sempre ruoli di secondo piano rispetto agli uomini. Per anni sono state marginalizzate, silenziate, messe da parte sia nella vita pubblica che in quella privata. E dobbiamo considerare la strenua lotta delle donne per raggiungere la loro emancipazione, contare al pari passo con gli uomini. Il volume di Daniela Brogi, Lo spazio delle donne, ha una tesi di fondo che sfata un mito ancestrale, quella cioè di considerare il mondo solo in termini maschili. Il saggio della Brogi getta finalmente un faro di luce sulla condizione femminile, sulla parità di genere e sulle prospettive di carriera delle donne, ripristinando un dialogo culturale a più ampio respiro che tiene conto del paesaggio antropologico che ha dominato la storia del Novecento in cui l’universo femminile è stato ammutolito ed oscurato. Daniela Brogi con questo libro da’ voce alle donne sostenendo che devono riaffermare la loro identità e contare nella società, acquisendo quel potere che per lunghi anni non hanno mai avuto. Sappiamo dalla storia quante sono state dure le battaglie per le donne al fine di raggiungere il riscatto sociale e l’emancipazione, battaglie di civiltà, di democrazia e di conquista, non ultima le quote rosa all’interno degli apparati decisionali, della politica, della magistratura e della Corte Costituzionale con la presidenza dell’attuale Ministro della Giustizia Marta Cartabia oppure l’ex Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini. Le donne sono state considerate quasi “sottoposte” al dominio maschile”, a ricoprire il ruolo di fidanzate, moglie e mamme, ad accudire ai lavori domestici perché chi doveva lavorare e mantenere le famiglia era soltanto l’uomo. Questo retaggio oggi non esiste più perché la donna ha una doppia strada da seguire: o fare la mamma oppure darsi alla carriera e spesso le donne in carriera preferiscono restare nubili in quanto non possono conciliare lavoro e famiglia. Il potere richiede impegno, sacrificio, concretezza nelle azioni e crediamo che sia la volta buona di affermare l’egemonia femminile nella società contemporanea a ricoprire incarichi di alto livello nel campo politico, professionale ed altrove. Parlare di divario di genere vuol dire illuminare uno spazio fuori dal tempo, trovando le parole giuste senza cancellare il passato. E Daniela Brogi non cancella il passato ma riconosce appieno che le donne hanno fatto la storia attraverso le loro battaglie e lotte per rivendicare i loro diritti, diritti non negati ma riconosciuti. Quello della Brogi è proprio un viaggio nel tempo visto al femminile dove vengono proposte figure di donne che hanno primeggiato in tutti i campi del sapere dalla musica, al teatro, al cinema e alla letteratura. Nel riscattare la parola femminismo (riscatto più che benvenuto), Daniela Brogi compie una doppia importante operazione: non la oppone a maschilismo, e non la inchina a quel «paternalismo benevolo» che confina le donne in uno spazio di minorità, ma la riformula consapevole di quanto proprio il femminismo sia «un capitolo fondamentale della storia della modernità, oltre che un capitale culturale enorme». Ed è questo il passo avanti che l’autrice ci invita a fare, la sfida che non si può eludere se guardiamo al futuro, se ascoltiamo con attenzione la voce delle giovani generazioni che si affacciano sulla scena della nostra storia. Il termine cruciale del saggio, spazio, viene articolato in cinque capitoli, declinati secondo quella lente del fuori campo utile a non irrigidire le maglie del pensiero, a far sì che la «messa a fuoco dinamica» qui proposta generi un nuovo sguardo sulla realtà e la interroghi dialetticamente intorno «a ciò che è visibile e riconoscibile e ciò che invece è invisibile, ma tuttavia implicato». Questa interrogazione non si dà confini disciplinari, ha un respiro ampio, può avvalersi di una pagina letteraria, teatrale, psicoanalitica, filosofica, politica, rintracciata con amore curioso, o di un film, di una performance, in una scorribanda che mette a nudo un Novecento spesso in ombra. Muovendo in direzioni varie, note e meno note, scuotendo le gerarchie che indicano un alto e basso la cui misura neutra affiora appena grattiamo un po’ la superficie del già pensato, Daniela Brogi convoca per noi Grazia Deledda e Ada Negri, Virginia Woolf e Carla Lonzi, Karen Horney e Helena Janeczek, Marina Abramovic e Alice Munro, Toni Morrison e Margaret Atwood, Elsa Morante e Franca Rame e altre e altri… fino a farci immergere e poi riemergere dall’interno di una cultura dello stupro che non potrà mai dimenticare il delitto del Circeo. La lente di questo telescopio, nell’illuminare l’invisibile della scena, mette ora a fuoco quanto sia abitata da silenzi, omertà, omissioni, vere e proprie mutilazioni di un sapere che si possa affermare come condiviso. E ci regala un’altra direzione di ricerca: è indubbio che l’intera tradizione maschile, quella stessa che ha fatto fuori le donne, va conosciuta, ma è altrettanto necessario ridisegnarla secondo «nuovi effetti di composizione», in una prospettiva «mobile e multifocale» dei nostri stessi saperi. Tutta la grande arte sa infatti trasformare «anche l’orrore in bellezza formale ed esperienza di verità», e dunque va ri-guardata accendendo la luce sui troppi angoli bui della storia delle donne. Non si tratta di aggiungere qua e là un nome, di giocare l’eccellenza femminile di alcune contro le altre, né di tollerare l’emersione di un mondo «inabissato»; si tratta, questo l’invito garbato, ma netto e severo, di combattere senza sconti contro ogni forma di retorica sessista, per esempio in tema di reputazione e «merito» femminili, e di ribellarsi a traduzioni in aneddotica di trame genealogiche di «relazioni e reciprocità» fra donne. Il famoso merito, sulla bocca di troppi, non è mai richiamato, né invocato quando si tratta di uomini (e ce ne è un valanga che occupa posti di prestigio e di potere non si sa a che titolo), ma sempre invece indicato come decisivo da un «sessismo difensivo» che lo trasforma «in un valore assoluto e separato dalla storia». L’intreccio è ben altro, come mostra la timeline sintetica ma essenziale di una serie di date utili a ogni «ricostruzione critica seria» della situazione italiana. È quella che va dal 1946, voto alle donne, fino al 1996, quando lo stupro diventa un crimine contro la persona e non contro la morale: lungo questa linea, altre conquiste, accesso alla magistratura, asili nido, divorzio, aborto, riforma del diritto di famiglia… tappe, lo voglio ricordare, che hanno visto impegnate migliaia di donne, democristiane, socialiste, comuniste (da Rosy Bindi a Giglia Tedesco, Marisa Rodano e Livia Turco ad esempio) e prodotto un’intensa discussione tra femministe. Non una sola donna di destra al nostro fianco nella “rivoluzione gentile”, né allora né ora, a proposito dell’altra moda mainstream sul loro presunto protagonismo (e non si può che applaudire a queste righe: «Lo spazio delle donne, come luogo e cultura della diversità, non è né può mai essere uno spazio contiguo a valori a suo tempo affermati dal fascismo»). I passi del libro attraversano molte linee di confine di un Novecento che «è doppiamente il secolo della paura delle donne. La paura che si è fatta alle donne; e quella che le donne hanno fatto, man mano che diventavano sempre più soggetti della storia». Muovonodallo spazio storico «come destino imposto» (con le sue «figure emblematiche: il recinto, l’abisso, l’interstizio, la mappa, il fuori campo attivo»), riconoscono e rivelano nel disprezzo verso le donne non una «conseguenza del maschilismo» ma la sua secolare «condizione di esistenza», sottolineano il gender gap ancora alto, parlano dello spinoso tema dello «specifico artistico femminile». In definitiva le donne devono dare merito e riconosce in Daniela Brogi la paladina del loro essere donne ed avere uno spazio e una identità ben definita.

Mario Bocola

I fiori blu - 2022
La città dei vivi - Nicola Lagioia

È un libro che affascina il lettore, che si legge tutto d’un fiato, uno di quei romanzi che si divorano e che non vedi l’ora di terminarlo, per poi assaporare il “sugo” della storia. E la vicenda che fa da sfondo al romanzo di Nicola Lagioia, barese, vincitore del Premio Strega con “La ferocia” è una storia triste, spietata o meglio un efferato delitto che ha riempito le pagine della stampa nazionale per l’efferatezza con cui è stato compiuto. Parliamo del delitto Varani, che ha scosso la città eterna. Nicola Lagioia affonda la sua penna, in una nitida ed avvolgente scrittura tristemente “calda”, ricostruendo una trama tristemente sconvolgente e direi terrificante. Il libro che narra, appunto, la storia del delitto Luca Varani, ucciso, dopo essere stato torturato per diverse ore. Un delitto efferato compiuto da due giovani Marco Prato e Manuel Foffo che incornicia “La Città dei Vivi” edito da Einaudi. Un assassinio, quello raccontato da Lagioia, macabro, ma soprattutto compiuto senza un motivo, senza un preciso movente, solo dettato dall’ottenebramento della mente umana. Ma come si possono compiere delitti di tale barbarie? È la deviazione della mente umana, è l’oscuramento dei sensi di colpa ad armare la mano di due uomini, che senza pietà decidono di compiere un delitto veramente atroce. L’uccisione di Luca Varani è forse, quello più efferato compiuto negli ultimi anni, il più violento, commesso senza provare rancore, ma solo “piacere” di uccidere. “La Città dei vivi” è un romanzo horror, ma più che un romanzo è una lunga storia raccontata con la sapiente e sagace penna di Nicola Lagioia. Fin dalle prime pagine il lettore viene quasi fagocitato e preparato da quello che leggerà perché Lagioia usa la tecnica narrativa di suspance per poi raccontare la nuda e cruda realtà. Leggendo il romanzo sembra quasi rivivere in diretta l’omicidio perché il lettore ne resta avvolto dalla sequenza delle scene narrative. Manuel e rovinano la propria vita senza alcun motivo. Il romanzo si apre come un inizio da film horror, una scena veramente macabra e da sfondo c’è il sangue dentro una biglietteria del Colosseo. Siamo nella parte antica della Città Eterna, dove ci sono le antiche vestigia della Roma imperiale. Quando il libro inizia a raccontare il delitto è stato già commesso. E subito l’orizzonte di Lagioia si sposta gli assassini per scoprire le loro personalità, attraverso le voci degli amici, dei familiari della vittima e degli interrogatori. Manuel Foffo si rifugia in un hotel e Marco Prato tenta il suicidio. Sono due ragazzi che si degradano fino ad annientare la propria vita perché Manuel e Marco, non sono amici, ma soltanto conoscenti che decidono di macchiarsi di un delitto atroce per chissà cosa? Per vendetta, per satanismo, per un gioco macabro. Insomma in delitto senza un perché. Quello di Lagoia è, dunque un grande caso di cronaca appetitoso per i giornalisti, che diventa letteratura, attraverso uno sguardo sull’abisso.

Mario Bocola

I fiori blu - 2022
Il cuoco dell'imperatore, il romanzo storico di Raffaele Nigro su Federico II -
Mario Bocola

Un romanzo storico, un thriller avvincente misto di finzione e realtà, ambientato nel Medioevo e incentrato sulla figura di un grande Imperatore della Casa Sveva, quel Federico II, figlio di Barbarossa, lo stupor mundi, deceduto in terra di Capitanata nel 1250 a Castel Fiorentino, i cui ruderi ancora oggi parlano di lui e le pietre raccontano le sue avventurose vicende. Oltre alla regalità Federico II è riconosciuto dalla letteratura italiana delle origini come il precursore della diffusione della letteratura italiana del Duecento, col suo trattato sulla falconeria. Infatti da quest’opera nasce questo romanzo di Raffaele Nigro che racconta le vicissitudini del cuoco a servizio dell’Imperatore svevo. Raffaele Nigro, con il romanzo “Il cuoco dell’imperatore”, edito da La nave di Teseo e candidato al Premio Strega 2022, ne racconta la vita attraverso gli occhi di Guaimaro delle Campane. Il racconto prende le mosse nella città di Melfi, nel 1208, dove Guaimaro è un giovane discendente di una famiglia di fonditori (da qui il nome delle Campane). Per una tragica fatalità Guaimaro si ritrova sul luogo del delitto dove due giovani carbonari ebrei perdono la vita. Il rischio di essere incolpato del duplice omicidio è molto alto e il giovane è costretto a lasciare Melfi, lasciare la famiglia e arruolarsi alla corte di Federico II. Ben presto Guaimaro dimostra la grande abilità in cucina e la sua capacità di produrre piatti della tradizione siciliana tanto cari a Federico. Ma soprattutto riuscirà in pochissimo tempo a guadagnare la fiducia del sovrano, curandolo da una malattia con decotti alle erbe e rimedi medicamentosi. Diventare il cuoco dell’imperatore è un ruolo di grande responsabilità: la possibilità di essere corrotto da malintenzionati e avvelenare il re non è una eventualità troppo remota. Avere la completa fiducia di Federico II dona un ruolo molto importante a Guaimaro all’interno della corte. Da quel momento affronterà insieme al sovrano una vita in viaggio. Le 750 pagine di questo romanzo incredibile racchiudono tutta un’epoca, una meravigliosa epoca che ancora affascina dopo oltre otto secoli gli studiosi e gli appassionati del periodo. Federico II era un sovrano perennemente sul campo. Difficilmente rimaneva fermo in una città per troppo tempo. La sua grande forza era quella di conoscere il territorio che doveva gestire, faceva sentire la sua presenza con viaggi continui in lungo e in largo: a partire dalle terre di Sicilia e del sud Italia fino alle sponde del mare del Nord, nella Germania dei suoi avi, attraversando foreste, montagne innevate, città più o meno ribelli. Un territorio disomogeneo, complicato, per certi versi agli antipodi, troppo vasto per essere tenuto sotto controllo in modo perentorio. Eppure, Federico ci riesce per buona parte della sua vita, pur dovendo affrontare difficoltà, nemici, congiure, battaglie, assedi e violenze. Un regno spaccato tra chi lo appoggia incondizionatamente e chi invece lo considera un anticristo. Un rapporto con i vari pontefici che si susseguirono sul soglio di San Pietro, burrascoso e altalenante. Se inizialmente Papa Onorio III sembra appoggiare la posizione di Federico contro l’imperatore Ottone IV di Brunswick, successivamente il mondo della Chiesa, minacciato da una troppo vasta espansione dello stupor mundi a nord e a sud dello Stato Pontificio, iniziò a ostacolarlo in ogni modo. Guelfi e Ghibellini, è in questo periodo che si fa netta la distinzione tra i sostenitori del papato e quelli dell’impero. Nel romanzo di Nigro il contrasto con il pontefice è forte e palese. I comuni del nord tra i quali da capofila troviamo la città di Milano non si piegarono mai definitivamente alle pretese e volontà di Federico II e impegnarono l’esercito dell’imperatore in diverse battaglie anche sfiancanti. Nigro affronta la vita dell’imperatore sotto ogni punto di vista, ma lo fa attraverso le parole di Guaimaro e non direttamente da quelle di Federico. L’imperatore è sì parte delle vicende, ma i suoi comportamenti e le sue sensazioni vengono filtrate dal pensiero del giovane cuoco e di tutti i personaggi che gravitano intorno al sole nascente del Sacro Romano Impero. Un sovrano illuminato, capace di dedicarsi a filosofia, poesia, letteratura, arte con lo stesso ardore e la passione che metteva nella gestione amministrativa e finanziaria dell’Impero. Federico fu capace, attraverso le relazioni diplomatiche e la sua innata e incommensurabile propensione al dialogo, di conquistare Gerusalemme senza colpo ferire. I rapporti amichevoli che strinse con il Sultano d’Egitto, Al-Malik, gli accordi commerciali con cristiani, ebrei e musulmani, l’attrazione verso gli studi della natura e dei grandi classici, resero la corte di Federico un giardino illuminato dedito al sapere e alla cultura. Un contenitore di magnificenza, inclusione e condivisione per certi versi anacronistico. Un romanzo storico completo, capace di affrontare tutte le sfaccettature che riguardano la vita di Federico II: le tante mogli e i figli avuti per i quali l’imperatore stravedeva, considerandoli i pilastri su cui basare il futuro del regno; la dedizione alla lettura e alla caccia; la ferrea volontà di creare un apparato legislativo uniforme che potesse risultare duraturo nel tempo. Raffaele Nigro con un romanzo completo come questo propone al lettore un compendio della vita di Federico II e di tutto il periodo storico che lo ha visto protagonista: dalle crociate in terrasanta alle lotte dei comuni che iniziavano a prendere forma in contrapposizione all’impero, dalle scomuniche perpetrate dai pontefici nei confronti di Federico alle tante costruzioni e migliorie estetiche apportate dall’imperatore alle città che governava. L’autore ci restituisce la figura di un uomo volitivo, combattivo, deciso e austero, ma allo stesso tempo sorpreso in momenti di difficoltà, irascibile e scontroso. Lo restituisce uomo con i suoi vizi e le virtù. Un romanzo, dunque, che inanella una serie di eventi, ricco di dettagli, di avvenimenti, di usi e costumi alla corte di Federico.  Se vi interessa affrontare la lettura di un romanzo lungo, sicuramente, ma affascinante e meraviglioso e non potete perdervelo. Una storia del Medioevo proiettata nella contemporaneità.

Mario Bocola